giovedì 14 febbraio 2019

Colombane "Mago Manolo": un "bocin" per la prima ripetizione

Prima libera:
Mago Manolo è una via che ho aperto nel 2016 sulle Colombane e che mi ha fatto particolarmente penare per riuscire a chiuderla. Al quarto giorno di tentativi, dopo aver compreso, in poco tempo, l'enigma di movimenti che la via oppone, riesco a raggiungere con convinzione l'ultima minuscola tacca. Purtroppo la presa unta dalla giornata umida mi respinge, facendomi planare parecchi metri sotto all'ultimo rinvio. Da qui comincia un calvario che si potrae per tutta quella stagione e in parte per l'inverno successivo. La via, che ho voluto dedicare a quel "mostro sacro" che tutti conosciamo e che rispecchia il suo stile, sale direttamente la placca gialla, sopra la prima sosta della via "la forza del destino". La prima parte è tutto sommato facile e su buone prese, la parte centrale richiede forza, ma una volta metabolizzata, si lascia domare senza particolari patemi, mentre la sequenza  finale su tacche e appoggi svasi è sempre un dilemma, ci si muove su niente e diventa particolarmente problematica nelle giornate umide. Un problema sono anche i giorni troppo freddi, dove perdi sensibilità alle dita, o quando il sole è troppo luminoso e su quella roccia biancastra  non riesci a vedere gli appoggi. Poi c'è anche la giornata negativa, la vecchiaia che non ti permette di recuperare e provare la via per più di un paio di volte, il lavoro che ti stanca, la troppa neve etc..Insomma, un infinità di scuse, a cui si aggiunge per finire il fatidico blocco mentale che ti conduce nella più pesante apatia e quando arrivi sotto al tratto chiave, ti si annebbia la mente e non riesci più a focalizzare nemmeno le sequenze più ovvie. Poi un bel giorno, quando meno te l'aspetti, quando ormai non ci credi più, e dici: "ma si dai.. provo a fare un giro, ma so già che non è giornata", è la volta che ti riesce una danza perfetta senza sbavature, senza sforzo che quando tagli il traguardo sei talmente stupito che neppure esulti. Dura la vita del climber.
Prima ripetizione:
Da un paio d'anni si aggira timidamente a Schievenin un "bocin" dal viso dolce e il fisico esile che in sordina, dopo aver ripetuto numerose delle classiche dure, si sta dilettando a ripetere le "stradure" recenti sparse un po' per tutta la valle, risolvendole con grande passione e pochi tentativi. Stefano Pandolfo, non e proprio un bocia, ha 25 anni, ed è nipote d'arte. Il nonno, un certo Italo Zandonella Callegher rinomato alpinista comelicano,  con una notevole attività di esplorazione delle sue montagne, ed oltre, fino alla salita di numerose cime extraeuropee. Emigrato nella "piana" verso la fine degli anni cinquanta, è stato uno dei primi esploratori della valle, a lui si devono le prime salite di numerosi torrioni e la stesura della prima guida delle vie d'arrampicata. Come si dice, buon sangue non mente,  Stefano è riuscito in breve tempo a ripetere la via Mago Manolo e ne è rimasto entusiasta, descrivendola come una delle più belle della valle. Schievenin non smette mai di stupire, nei suoi anfratti ci sono ancora numerose perle nascoste e con un "bocin" così forte in circolazione ne vedremo sicuramente delle belle....











lunedì 4 febbraio 2019

Salite invernali "prealpinistiche"


Per fortuna qualche fiocco è arrivato. L'inverno senza neve uccide i colori e rende il paesaggio smorto e triste. Basta una sbiancata e la stagione del freddo trova il giusto equilibrio. Una pennellata di luce e i toni scuri risaltano dando vita al gioco dei contrasti. Anche gli animi apatici si rinvigoriscono, è un richiamo della natura. Le montagne diventano più selvagge e impenetrabili e il bisogno d'avventura ci scalza dal caldo sofà invitandoci ad indossare i vecchi scarponi per sparire dai nostri patemi. Lassù il suono del silenzio alza il volume e l'alito gelido si confonde con il respiro affannoso,  i passi diventano lenti, a volte graffiano il duro manto, a volte sprofondano fra i morbidi cristalli. Il mondo  pare fermarsi, per un momento i pensieri svaniscono, ma è solo un' illusione, le numerose tracce di ogni forma e grandezza ci ridestano, spronandoci ancora una volta a stringere i denti e guardare verso la cima.

"Una salita invernale dal sapore quasi alpinistico": Cima Sassumà versante sud, direttamente dalla malga Sassumà.
Dislivello totale 900m. ca.  Ore 1,30 / 2 per la salita, ma dipende dalle condizioni d'innevamento.
( Utilissimi i ramponi per la parte finale.).
Dall'abitato di Schievenin proseguire inoltrandosi nella valle fino a dove la stretta strada asfaltata termina. Ampio parcheggio sulla destra.
A piedi si segue tutta la strada forestale che inizialmente si addentra in direzione dell'angusta Val dell'Inferno, per poi volgere a sinistra e raggiungere la solare Val Sassumà. Dopo aver oltrepassato un caratteristico borgo si raggiunge la malga situata in una suggestiva radura sotto gli ampi e ripidi pascoli della Cima Sassumà e del Monte Santo. Da qui si sale in obliquo a sinistra per un centinaio di metri portandosi sulla verticale della cima e poi direttamente senza via obbligata per il pendio innevato, cercando di stare sempre sul margine sinistro o destro del canale (40 minuti ca).
Attenzione!! Per l'elevato rischio di valanghe o slavine, da non fare il giorno seguente la nevicata, o comunque quando il manto supera i venti centimetri.
Discesa: il buon senso direbbe di scendere sul versante opposto (nord) seguendo, se lo si trova..., l'evidente sentiero della via "per gente normale" che conduce a Forcella Bassa e quindi nuovamente alla malga. Oppure a ritroso per la via di salita.Tanti auguri.